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14/02/2023 ore 14.04
Sanita

Il disperato appello di Alessia, malata di tumore e abbandonata dallo Stato: «Aiutatemi a curarmi»

La donna ha una forma rara di cancro al sangue che, dal momento della diagnosi, lascia un'aspettativa media di vita di circa sei o sette anni
di Francesca Lagatta

Alessia non ce la fa più. Dopo anni trascorsi a combattere contro una rara forma di tumore e le leggi di uno Stato che non è in grado di tutelare i più deboli, è costretta ad avviare una raccolta fondi per garantirsi le cure, almeno nei prossimi mesi, poi si vedrà. La sua vita è fatta a step, passo dopo passo, ogni nuovo giorno è una conquista.

I sette anni che aveva a sua disposizione dal momento della terribile diagnosi sono già passati e ora lei non ha idea di quanto tempo le sia rimasto ancora da vivere. Sa, però, che la ricerca va avanti, fa passi da giganti e che proprio in questi giorni i medici che la tengono in cura le hanno detto che potrà provare un nuovo farmaco in grado di rallentare per un po’ il decorso della malattia. Ma questo significa per lei anche altre spese da affrontare, altri grattacapi, che andranno ad aggravare un quadro finanziario famigliare già compromesso da anni di battaglie e viaggi della speranza.

Uno stress troppo grande, che il suo fisico, reso ancora più gracile dalla malattia, non riesce più sopportare. «Ho finito tutti i miei risparmi – racconta -, non so più dove andare a bussare per continuare a curarmi». Per questo, di recente, ha aperto una pagina su Facebook, “Un aiuto per Alessia“, ed ha avviato una raccolta fondi per racimolare almeno due mila euro.

La sua storia

Alessia (nome di fantasia, ndr) ha poco più di 40 anni e vive in un paesino della provincia di Cosenza. Fino a qualche anno fa, la sua era un’esistenza come tante. Da moglie e madre, si occupava con dedizione della casa e della famiglia, dedicandosi di tanto in tanto ai suoi hobby. Poi, un giorno, si accorge di alcuni rigonfiamenti sul lato sinistro dell’addome e avverte una stanchezza che non passa neppure riposando. Si sottopone ad accertamenti clinici e gli esiti sono impietosi.

La donna ha una forma rara di tumore al sangue che, dal momento della diagnosi, lascia un’aspettativa media di vita di circa sei o sette anni. Quelle parole sono un colpo al cuore, la Alessia preferisce indossare una maschera, fingendo tranquillità. Lo fa per proteggere la sua famiglia da tutto quel dolore arrivato inaspettatamente e perché non vuole darla vinta alla malattia. Negli anni successivi, segue le cure alla lettera e si reca sistematicamente a Roma, in un centro appropriato, per sottoporsi a terapie sperimentali, che in qualche modo sembrano funzionare.

Solo che i viaggi costano e il marito, pur di accompagnarla ovunque, deve rinunciare a parecchie giornate di lavoro. Questo influisce negativamente sul bilancio famigliare e ben presto la situazione precipita.

Niente aiuti dallo Stato

Alessia decide così di preparare la documentazione e richiedere la pensione di invalidità, ma l’Inps, per ben due volte, mette nero su bianco che a lei non spetta alcun sussidio. Malata sì, ma non troppo. Il tumore, da solo, senza l’insorgenza di altre patologie, non è poi così invalidante, secondo l’istituto di previdenza sociale. La dichiara, però, inabile al lavoro, e tutto quello che può fare è inserirla nelle liste mirate di collocamento, così può almeno sperare in un miracolo.

Di tanto in tanto, Alessia deve consultare i siti istituzionali, tra cui quello della Regione Calabria, e controllare che ci sia la possibilità di candidarsi a un lavoro adatto a lei e alle sue esigenze, e che sia vicino casa sua. Non può affrontare lunghi viaggi in auto e non ha alcuna intenzione di trasferirsi altrove, lontana dai suoi affetti. Ma, ad oggi, non è arrivata alcuna proposta concreta.

L’appello

Per poter far fronte a tutte le spese mediche, Alessia e la sua famiglia hanno attinto dai loro risparmi finché hanno potuto, poi si sono rivolti ad amici e parenti. Ma ora la donna non ha più nemmeno il coraggio di bussare ancora alle loro porte: «Non so se e quando potrò restituire i soldi e, oltretutto, ogni volta che devo chiedere un prestito è come se mettessi la mia dignità sotto i piedi. Mi sento ancora più male». Di qui la decisione di aprire un conto corrente personale e lanciare una raccolta fondi su una pagina Facebook, seppur con uno pseudonimo: «Devo proteggere i miei figli. Loro non sanno la verità e non devono saperla. Voglio che vivano il più possibile sereni, a causa mia hanno già sofferto abbastanza».

D’altronde, Alessia, non ha neppure grandi pretese. Mentre ci mostra la documentazione dettagliata della sua malattia, ci dice: «Per stare tranquilla e vivere i prossimi mesi senza preoccupazioni, basterebbe raccogliere 2mila euro, anche meno. Ho la prossima visita a fine febbraio, poi un’altra poche settimane dopo. Devo sperimentare un nuovo farmaco e dovrò trattenermi a Roma qualche giorno di più. Lo so, non è una grossa cifra, ma per me in questo momento vuole dire letteralmente “sopravvivenza”. Chi può, per favore mi aiuti».