«Paola, quel paziente non andava dimesso così in fretta»
Riceviamo e pubblichiamo la nota dell’avvocato Ennio Abonante, procuratore e difensore della signora Vanessa Andreani relativa a una situazione spiacevole verificatasi a suo dire nell’ospedale di Paola e che ha riguardato in seguito i servizi sociali di San Lucido.
In oltre quindici anni di attività di volontariato in favore di soggetti diversamente abili, svantaggiati ed indigenti, mi sono occupato di innumerevoli vicende, tutte brillantemente risolte grazie all’ausilio dei mezzi di comunicazione, ma la storia che sto per raccontare è davvero una delle più brutte e vergognose. La persona che mi ha contattato è figlia di Andreani Massimo, nato il 20.11.1941 a San Lucido ed ivi residente in via Marina, 18, il quale è stato ricoverato presso il reparto di ortopedia dell’Ospedale di Paola, dove è stato sottoposto ad intervento chirurgico ed il 21 luglio scorso è stato dimesso al domicilio.
Non ci sarebbe nulla di strano se la situazione familiare degli Andreani, di cui è stato edotto il direttore del dipartimento dr Massimo Candela, non fosse tanto particolare quanto grave. Andreani Massimo è affetto da patologia psichiatrica, è allettato ed è reduce da un intervento chirurgico per la frattura del femore, per cui necessita di assistenza continua. La signora Andreani è figlia unica, da tempo è affetta da una grave malattia degenerativa ed è stata riconosciuta portatrice di handicap grave, ex art 3 comma 3 legge 104/1992, nonché invalida civile al 100% con diritto all’accompagnamento, poiché non è in grado di compiere gli atti quotidiani della vita; da molti anni è allettata, ed è accudita dalla madre, la quale, per le intervenute precarie condizioni di salute, non è più in grado di attendere oltre alla figlia, anche il marito.
A ciò si aggiunga che l’abitazione in cui vivono è particolarmente angusta ed è priva dei fondamentali confort. Il 17.7.2023 sono riuscito a parlare con il dr Candela, al quale ho esposto la situazione familiare e gli ho chiesto di attivare le cd “dimissioni protette “e, cioè, le dimissioni ed il trasferimento presso un centro riabilitativo. Il giorno successivo ho reiterato la mia istanza tramite messaggi whatsapp, ma non ho ricevuto alcun risocntro. Il 21.7. 2023 ho informato dei fatti la direzione sanitaria dello spoke Paola Cetraro ed il Sindaco di San Lucido, al fine di attivare i servizi sociali comunali, ma, purtroppo il paziente è stato, inopinatamente, dimesso e trasportato a casa e nessuno è intervenuto.
Ho grande rispetto per la professionalità del dr Candela, ma devo denunziare il comportamento dei sanitari di quel reparto ed in particolare di colui il quale ha sottoscritto le dimissioni, che non è stato impeccabile né da un punto di vista morale, né in punto di diritto. Non è umano, infatti, dimettere un paziente senza attivare i servizi territoriali e l’assistenza domiciliare, né i servizi sociali, sapendo che è allettato, non si alimenta autonomamente, ed a casa non può eseguire la riabilitazione, né ricevere le cure necessarie, abbandonandolo, di fatto, al proprio destino.
Da un punto di vista giuridico ravviso grande negligenza, imprudenza ed imperizia, visto che il medico dimettente si è assunto una gravissima responsabilità, poiché a conoscenza della situazione familiare del paziente, lo ha esposto e lo sta esponendo ad un grave rischio per la sua incolumità personale, visto che i suoi congiunti sono impossibilitati a prestare le cure, gli viene negato il diritto alla salute poiché non c’è nessuno che lo possa assistere e, per come esposto, non è stata neppure richiesta l’assistenza domiciliare da parte dell’ASP.
E’ davvero vergognoso che i pazienti vengano trattati come numeri che generano un DRG, che è la diaria prevista per le prestazioni mediche, che determina la produttività dei reparti, senza alcuna considerazione sulle reali condizioni. Non voglio credere che il paziente non sia stato trasferito in altro reparto, proprio per non perdere il DRG. La signora Andreani chiede che venga fatta chiarezza su una serie di circostanze: perché il padre, che ha subito la frattura del femore, ha problemi psichiatrici e non è autosufficiente in quanto allettato, è stato dimesso a domicilio, pur sapendo che a casa non avrebbe potuto eseguire nessuna riabilitazione, né ricevere neppure le minime cure sanitarie e non è stata prevista l’assistenza domiciliare.
I sanitari del reparto di ortopedia dovrebbero spiegare perché il paziente è stato dimesso ed eventualmente, non è stato trasferito in un altro reparto dello stesso nosocomio? Perché la commissione medica preposta, vista la temporanea indisponibilità di Villa Adelchi, non ha disposto il ricovero presso un’altra struttura, per esempio il Santa Chiara di Paola? Quali provvedimenti ha adottato il sindaco di San Lucido a seguito della mia comunicazione e se tutte queste eventuali omissioni abbiano arrecato sofferenze maggiori di quelle il paziente sta subendo a causa della sua patologia se fosse stato trattenuto in ospedale o ricoverato in un centro riabilitativo.
E, tutte le domande ed i dubbi che ci sono sorti, purtroppo, hanno trovato una conferma nel fatto che questa mattina, la situazione del paziente si è aggravata ed è stato necessario ricorrere nuovamente ai sanitari dell’Ospedale di Paola. In questo momento, naturalmente, l’auspicio è quello che si possa riprendere al più presto, ma alla luce dei più recenti fatti, sorge un interrogativo ancora più importante: Andreani era in condizioni di essere dimesso? Il mancato trasferimento presso una struttura riabilitativa ovvero la mancata attivazione del servizio domiciliare, ha aggravato le sue condizioni e le sue sofferenze?