Antonietta De Lillo, la voce scomoda del cinema italiano: «La cultura ha pagato il prezzo più alto»
Alla quinta edizione di Fuori Campo, la cineasta napoletana racconta a Fuori Campo a Cosenza e all’Unical la sua battaglia contro un’industria che finanzia pochi, esclude molti e dimentica la qualità
La regista italiana più scomoda di sempre - e felice di esserlo. Diretta, senza fronzoli, Antonietta De Lillo è stata l’ospite speciale dell’apertura della quinta edizione di Fuori Campo, la rassegna di cinema itinerante curata da Rete Cinema Calabria, quest’anno dedicata alle dimore storiche.
De Lillo ha introdotto, al CineCampus dell’Unical, la visione del suo ultimo documentario “L’occhio della gallina”, presentato a Venezia nel 2024, quasi un autoritratto - ma senza compiacimento - in cui racconta la trappola produttiva apparecchiata da un sistema che non accetta il dissenso.
La sua odissea cinematografica è cominciata dopo il successo di critica di “La metà di niente”, pellicola che, inspiegabilmente, ha avuto una distribuzione microscopica - solo 20 sale in tutta Italia - nonostante la forte richiesta degli esercenti e l’appoggio della stampa specializzata. De Lillo non ha accettato supinamente la situazione e ha denunciato la casa di produzioneper cattiva distribuzione. Da lì lo stigma che ancora l’accompagna e una serie di muri che le si sono alzati intorno, tanto da impedirle di realizzare il film che aveva in cantiere, tratto dal libro “Morta di soap” dell’attrice di “Un posto al sole” Adele Pandolfi.
«Posso dire che il sistema cinema non ha funzionato, e questo è lo specchio della nostra società – ha detto a margine della proiezione –. Ha dato molti soldi a pochi, togliendoli a tanti. Non ha saputo riconoscere dove c’erano la qualità, l’amore per il cinema, la dedizione vera. Si è lasciato guidare dalla finanza e dal capitalismo, e così è finito in una situazione di grande debito e confusione. Alla fine, a pagarne il prezzo più alto sono stati la cultura e il cinema».
Dopo l’incontro con la giornalista Paola Abenavoli, De Lillo ha dialogato con Ernesto Orrico e Giuseppe Citrigno, presidente Anec Calabria, che ha voluto sottolineare come lo spazio per il cinema italiano - ormai in overbooking («viaggiamo al ritmo di circa 500 pellicole prodotte all’anno») - sia sempre più ridotto, schiacciato dal peso delle grandi produzioni straniere, in particolare americane. «Un circolo vizioso – ha aggiunto Citrigno – rotto solo da poche e rare eccezioni, come nel caso di Paola Cortellesi».
Guerriera fino al midollo, Antonietta De Lillo nel documentario descrive un mondo rovesciato, proprio come l’occhio della gallina, che si chiude al contrario: un universo in cui la qualità e l’impegno di una cineasta vengono considerati poco o nulla. «Ma non mi arrenderò – ha concluso –. Non fa parte della mia natura».