Autogestione nel mirino, l’Aula F4 risponde: «L’università è di chi la vive, la nostra libertà non si tocca»
Il collettivo dell’Aula Studio Liberata replica agli attacchi delle organizzazioni giovanili di destra e difende la proposta di uno spazio di culto per studenti musulmani: «Politica clientelare incapace di capire il valore della libertà»
È con queste parole che l’Aula Studio Liberata F4 replica alla nota diffusa — «con sorprendente zelo», sottolineano — dalle organizzazioni giovanili «legate alla peggiore destra di governo», accusate di aver attaccato lo spazio autogestito e, in particolare, la proposta di aprire un luogo di culto per studenti e studentesse musulmani all’interno dell’Unical.
«Apprendiamo che siamo ancora un pensiero scomodo per certi soggetti — affermano — che da anni osteggiano la nostra esperienza senza sapere neppure di cosa parlano». Il collettivo rimarca che la proposta di un piccolo spazio di preghiera nasce «su sollecitazione diretta di decine di studenti e studentesse», che da tempo chiedono un luogo dignitoso e accessibile dove poter praticare la propria fede.
«In un Ateneo che fa dell’internazionalizzazione un vanto — spiegano — e dove una Cappella universitaria sorge da anni al centro del Campus, appare naturale garantire pari dignità anche agli studenti musulmani».
Il comunicato non risparmia critiche ai gruppi politici che hanno attaccato l’iniziativa: «Comprendiamo che per chi fa “politica” distribuendo buoni omaggio nei locali o elargendo favori per alimentare la propria clientela, sia difficile cogliere il valore politico della libertà».
Il collettivo rivendica con forza il ruolo degli spazi autogestiti: «Da oltre otto anni — ricordano — l’Aula Studio Liberata promuove socialità, cultura e confronto senza chiedere permessi a nessuno. Esistiamo per rompere la monotonia del Campus, dare voce a temi che altrove non trovano spazio, accogliere proposte di chi non viene ascoltato».
Di fronte agli attacchi, la posizione è netta: «Se ne facciano una ragione. In questa università continueranno a esistere spazi liberati, capaci di proporre un’alternativa all’università-azienda, ai suoi ritmi e alla sua mercificazione della socialità e dei saperi».
E la conclusione è un manifesto: «Continueremo a dare voce alle esigenze della comunità accademica, senza distinzione di fede, etnia, genere o altro».