Cosenza, 66 anni fa la grande alluvione: quando il Crati travolse la città
Il racconto di Alfonso Morelli (Mistery Hunters) riporta alla luce la piena del 1959 che devastò il centro storico e cambiò per sempre la geografia sociale della città
«Il 24 novembre 1959 Cosenza fu colpita dalla sua ultima, devastante alluvione» ricorda Alfonso Morelli, del team Mistery Hunters, riportando alla memoria un evento che oggi compie 66 anni. «Intorno alle 19 – spiega – cedettero gli argini del Crati, riversando una massa d’acqua impressionante sui quartieri della Massa, dello Spirito Santo, di Piazza Valdesi e di via Marini Serra. Non erano in pericolo solo le case, ma la vita stessa di intere famiglie».
Morelli ricostruisce anche il contesto geografico e idrologico di quanto avvenuto 66 anni fa: «Il Crati è il fiume più importante della Calabria per portata e il terzo del Sud Italia dopo Volturno e Sele. Il nome deriva dal greco Kratos, cioè “forza, potenza”. Nasce a 1700 metri, tra Timpone Tenna e Timpone Bruno, nella zona chiamata Craticiellu, e percorre 91 km prima di sfociare nel Golfo di Taranto. Dopo la confluenza col Busento, a Cosenza, il suo volume d’acqua aumenta significativamente».
L’autunno del 1959 era stato segnato da precipitazioni eccezionali: «In appena 24 ore – precisa Morelli – sulla città caddero oltre 122 mm di pioggia. Il Crati e il Busento erano già al limite, con quest’ultimo che arrivò a sfiorare il ponte Mario Martire».
Al calare del buio la città assistette impotente al nuovo straripamento. «Nonostante gli interventi fatti negli anni sugli argini e sui ponti – spiega – la piena fu incontenibile». La causa principale fu individuata nel ponte della Massa, detto anche ponte di San Lorenzo, dove i detriti trasportati a valle crearono un vero e proprio “effetto diga”: «Il ponte, costruito su tre campate e con piloni centrali che restringevano l’alveo già stretto, si intasò di tronchi, vegetazione e materiali vari. L’acqua non riuscì più a defluire e ruppe gli argini».
L’esondazione travolse quartieri interi: da destra verso le zone di Colle Triglio e del vallone di Rovito; da sinistra verso lo Spirito Santo, la Massa, Piazza Valdesi e il primo tratto di corso Telesio. «Il mercato popolare di Lungo Crati Luigi De Seta fu distrutto – ricorda Morelli – e l’allora Jolly Hotel subì danni pesanti. Vicoli, magazzini e abitazioni rimasero sepolti nel fango». In alcuni punti l’acqua superò i due metri di altezza.
Le stime del Genio Civile certificano la drammaticità della piena: 450 m³/s per il Crati e 525 per il Busento. I danni colpirono il cuore economico della città antica: «Il fiume – elenca Morelli – distrusse o danneggiò decine di attività: bancarelle, officine, fruttivendoli, falegnami, barbieri, artigiani… di fatto il tessuto produttivo che sosteneva oltre 500 famiglie».
Nonostante la portata dell’evento, non ci furono vittime. «La stampa dell’epoca – ricorda – riportò i ringraziamenti dei cosentini alla Madonna del Pilerio e l’apprezzamento per l’efficienza dei soccorsi, che evitarono il peggio. Subito dopo arrivò anche una grande mobilitazione nazionale di solidarietà».
Ma fu il dopo a lasciare il segno più profondo. «Le ricadute sociali – sottolinea Morelli – furono devastanti: iniziò lo spopolamento inarrestabile di Cosenza Vecchia». I numeri sono eloquenti: nel 1951 il centro storico contava 30.765 residenti; nel 1961 erano già scesi a 19.769. «Per la prima volta Cosenza Vecchia diventò meno popolosa rispetto al resto del territorio comunale. Oggi – conclude Morelli – solo un cosentino su sette vive ancora nel borgo antico».