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02/02/2023 ore 13.47
Societa

Dal santo patrono allo stendardo, ecco cosa potrebbe accadere dopo la fusione

Se il progetto dell’unione tra Cosenza, Rende, Castrolibero andrà in porto ci saranno molti aspetti da considerare e anche sul nome c’è da discutere
di Alessia Principe

Si fa presto a dire fusione. Nella sua accezione fisica, fusione è il passaggio di una sostanza da uno stato all’altro, da un punto di vista amministrativo i Comuni restano nello stesso Stato ma a cambiare è il confine territoriale che si espande e ingoia più territori uniti da uno stesso nome, uno stesso sindaco e un santo. Ma quello che non può cambiare un foglio di matrimonio combinato per interesse, è il carattere e l’appartenenza. Tutti i comuni, per piccoli che siano, sono portatori sani di orgoglio municipale. Insomma ingoiano il rospo ma non chiedetegli di sorridere mentre succede.

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Più d’un santo in Paradiso

Questa procedura di unione è molto complessa da mettere in atto, la popolazione viene chiamata a esprimersi e a cose fatte c’è una sfilza di scelte pratiche da affrontare e niente è certo. Intanto potrebbe cambiare il Cap, codice di avviamento postale, e poi va scelta/o un santo o una santa patrona ufficiale. La cosa non è semplicissima, tanto che a Corigliano-Rossano, una tra le unioni più rissose, le cose sono rimaste clericalmente fluide. Il nodo spirituale dalle parti di Co.Ro (Corigliano-Rossano, col trattino), resta ancora oggi e, di conseguenza, convivono sotto lo stesso cielo San Nilo, San Francesco di Paola e la Madonna dell’Achiropita.

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A Cosenza, Rende, Castrolibero ce ne sono tre di protettori che dovranno adattarsi a spartirsi gli inni, con le rispettive feste patronali: la cosentina Madonna del Pilerio (12 febbraio), la rendese Immacolata Concezione (20 febbraio) e il castroliberese San Raffaele Arcangelo (terza domenica di agosto).

Uno stemma affollato

Se sui santi si può chiudere un occhio (e saranno contenti gli studenti che a febbraio potranno contare su più giorni festivi) più complessa è la faccenda dello stemma. Sul gagliardetto di Cosenza i colli su sfondo verde dovranno stringersi per fare spazio ai vicini che ai loro simboli ci tengono, eccome. Basti pensare che quando Federico II confermò l’appartenenza delle terre di Rende all’arcivescovo di Cosenza, giungendo nella città dei bruzi per l’inaugurazione del Duomo nel 1222, i cittadini rendesi si presentarono orgogliosi con il loro gonfalone che raffigurava le tre torri del castello su uno sfondo bianco e rosso, i colori del blasone di Boemondo, e la scritta: Urbs celebris, quondam sedes regalis, Arintha. E poi c’è Castrolibero che porta in dote un complicato grifone con ali spiegate ed in bocca un piccolo volatile su sfondo azzurro ed ornamenti in oro. Insomma il grafico avrà un bel da fare.

Come hai detto che ti chiami?

Infine c’è la faccenda del nome. Ultimamente questo aspetto ha dato vita a risultati non sempre di impatto. Il lunghissimo Corigliano-Rossano (nessuno dei due ha voluto cedere) per sintesi si aggrappa all’acronimo Co.Ro. Per Cosenza-Rende-Castrolibero le strade sono tre. La prima: Cosenza resterà nome unico (soluzione comoda ma non scontata); oppure: i comuni verranno uniti da due trattini (in acronimo suonerà tipo Co.Re.Ca. ma non sarebbero felici gli abitanti nei dintorni di Amantea, in più l’alternativa dovrebbe evitare, per decoro, la vicinanza di Castrolibero con Cosenza): oppure, in ultimo, andrà scelto un nome nuovo, come è accaduto per Casali del Manco (dall’antica zona del Manchia, ritoccata e modernizzata per evitare refusi imbarazzanti), o come potrebbe accadere a Mendicino che sogna di trasformare le Serre cosentine nel fantasioso Pandosia, che ricorda per assonanza il pianeta di Avatar, Pandora. Quindi un cittadino frutto dell’unione bruzia potrebbe dire un giorno: abito a Co.Re.Ca, vicino a Pandosia, a qualche chilometro da Co.Ro. per i santi chiedere a Google.