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17/12/2025 ore 10.00
Societa

Dave Rowntree a Rende: «I Blur torneranno, adesso è la nostra età d’oro. Gli Oasis? Siamo amici»

Il batterista dei Blur racconta a Rende il presente della band, il valore del tempo, i ricordi ritrovati e un futuro che resta aperto: «Ogni ritorno ci ha dato qualcosa di nuovo»

di Alessia Principe

Le fotografie erano ammonticchiate in una vecchia scatola di metallo che prendeva polvere. Poi un giorno Dave Rowntree, batterista e co-fondatore dei Blur - ospite al Mood di Rende in per presentare il suo libro No One you know - ha deciso di fare pulizie: ha ammassato un po’ di spazzatura e stava quasi per gettare via anche quel contenitore, quando qualcosa l’ha spinto ad aprire il coperchio.

«Ho dato una sbirciata prima di mollare tutto in discarica e dentro una scatola di cartone c’era un contenitore di metallo con un sacco di vecchie foto di cui mi ero dimenticato per vent’anni.»

Che effetto le ha fatto rivederle?

«Sono rimasto sorpreso e sollevato, ma in realtà non le ho guardate davvero fino al Covid, durante uno dei lockdown nel Regno Unito, quando tutti vivevano sui social media e anche la vita sociale si era spostata lì. Ho iniziato a cercare cose interessanti da postare su Twitter, ho cominciato a guardare le foto e mi sono reso conto di avere qualcosa di piuttosto speciale.»

Durante l’incontro, moderato da Marcello Farno e Fabio Nirta, Rowntree ha raccontato lati inediti dei Blur, band che ha segnato il brit pop a cavallo degli anni Ottanta e Novanta. 

Come si è sentito nel rivedersi in quegli scatti, ha provato nostalgia?

«Non è che desideri tornare a quel momento della mia vita. È stato emozionante però perché quelle immagini ritraevano proprio  i nostri inizi: avevamo appena firmato il contratto discografico e stavamo facendo tante cose per la prima volta: la prima volta su un tour bus, il primo tour in Nord America, il primo festival.»

Quindi non rimpiange quegli anni?

«È stato un periodo molto eccitante, ma decisamente è molto meglio essere me adesso che esserlo allora.»

Pensa che i Blur andranno di nuovo in tour?

«Penso di sì, non vedo perché no. Non a breve, direi, non nei prossimi due anni.»

Che ricordi ha dell’ultimo tour?

«Abbiamo suonato a Wembley Stadium, abbiamo fatto un concerto in Italia - che so non è abbastanza - ma siamo tornati tutti a casa pensando: è stato divertente, rifacciamolo. Quindi non vedo alcun motivo per cui non dovrebbe succedere di nuovo. Tuttavia, al momento non c’è nulla in agenda, quindi purtroppo non ho niente da annunciare.»

Lei è coinvolto anche in politica. Come vede oggi lo spostamento globale verso la destra ultraconservatrice? 

«Direi che c’è uno spostamento globale verso gli estremi in generale. Nel Regno Unito, per esempio, il Partito Verde sta andando bene quanto il partito di destra Reform, ma è il partito di destra che fa notizia, mentre i Verdi no. Quindi sì, c’è uno spostamento verso gli estremi.»

Secondo lei da cosa dipende?

«La storia ci insegna che questo è abbastanza normale nei periodi di difficoltà economica, e le difficoltà economiche sono ovunque. Il Covid non ha aiutato, ma inoltre ci sono state molte scelte fatte dai governi di tutto il mondo per non prendere decisioni difficili che invece andavano prese, e ora ne stiamo pagando il prezzo.»

Quindi pensa che questa fase finirà?

«Finirà, sì. Il problema è se finirà in modo buono o cattivo: questo sì che mi preoccupa un po’. Ma le cose cambieranno di nuovo, senza dubbio. Bisogna ricordare la storia: problemi economici che portano a problemi politici hanno causato guerre mondiali in passato, quindi speriamo di non tornare a quel punto. Ma i segnali non sono buoni: la crescita dell’aggressività della Russia e la sua disponibilità a invadere i paesi vicini è un pessimo presagio, quello che sta succedendo in Medio Oriente è assolutamente spaventoso. Ci sono segnali di pericolo ovunque nel mondo.»

Quando, parlando dell’età d’oro dei Blur, ha pensato: “Abbiamo costruito qualcosa di straordinario”?

«Penso che questa sia l’età d’oro dei Blur. Quando siamo saliti sul palco a Wembley Stadium, è stato lì che abbiamo pensato: wow, abbiamo costruito qualcosa di straordinario. Ogni volta che torniamo insieme otteniamo qualcosa di nuovo ed entusiasmante. Siamo ancora in un viaggio davvero emozionante.»

È vero che i Blur erano meglio degli Oasis?

«Siamo diversi. Credo che la battaglia in classifica tra Blur e Oasis abbia spinto entrambi al livello successivo delle nostre carriere. Eravamo band conosciute prima, ma alla fine di quella storia siamo diventati band famose, quindi entrambi dobbiamo essere grati all’altro per questo. Letteralmente in ogni singola intervista che ho fatto da allora – e ne ho fatte migliaia – i giornalisti mi hanno sempre chiesto degli Oasis. Di solito la domanda è se quella rivalità fosse reale o costruita per i media. Sono sicuro che per loro sia lo stesso, che in ogni intervista Liam venga interrogato sui Blur. Questo è davvero l’unico lato negativo. E naturalmente, ora siamo tutti di nuovo amici.»