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19/10/2024 ore 13.15
Societa

DDL Sicurezza, i movimenti cosentini fanno rete e dicono no

Associazioni, sindacati, partiti e movimenti hanno creato un coordinamento per denunciare i risvolti illiberali della legge di Governo
di Redazione

I movimenti cosentini si uniscono per opporsi al DDL Sicurezza, una legge che suscitato preoccupazioni e resistenze tra le diverse realtà locali. Questa iniziativa nasce dalla volontà di tutelare i diritti dei cittadini e garantire una convivenza pacifica e rispettosa delle libertà individuali. I gruppi coinvolti evidenziano come il disegno di legge possa limitare le libertà civili e aumentare la repressione nei confronti delle persone più vulnerabili, come migranti e richiedenti asilo. Attraverso manifestazioni, dibattiti e campagne di sensibilizzazione, i movimenti cosentini intendono far sentire la loro voce e mobilitare l’opinione pubblica, sottolineando l’importanza di una sicurezza che non passi attraverso misure punitive, ma attraverso l’inclusione e la solidarietà.

Ddl sicurezza, la nota dei movimenti cosentini

«A livello nazionale è stata costituita la RETE LIBERI/E DI LOTTARE – FERMIAMO INSIEME IL DDL 1660, un coordinamento permanente che riunisce movimenti, collettivi, organismi, organizzazioni sindacali e politiche, oltre a singoli attivisti, uniti dall’obiettivo comune di fermare il DDL 1660 e il disegno militarista e guerrafondaio che esso rappresenta. La Rete promuove la creazione di nodi locali per favorire iniziative diffuse di lotta e sensibilizzazione».

«Anche Cosenza ha risposto all’appello nazionale, costituendo una sua rete territoriale, pronta a contribuire attivamente alla mobilitazione unitaria. Questo nodo locale si impegna a promuovere azioni concrete e campagne di sensibilizzazione per coinvolgere la cittadinanza e opporsi alle derive militariste del disegno di legge».

L’appello della rete cosentina contro il ddl sicurezza

«Il 18 settembre è stato approvato alla Camera il DDL 1660, che introduce misure volte a trasformare diverse forme di protesta e resistenza in reati, prevedendo pene severissime. Il blocco stradale, inclusi gli scioperi, sarà criminalizzato con condanne fino a due anni di carcere. Le proteste all’interno delle carceri o nei CPR saranno punibili con pene fino a vent’anni, e chi manifesta contro le grandi opere, se ritenuto pericoloso, rischia la stessa condanna. Anche la semplice propaganda a sostegno delle lotte sociali potrebbe essere punita con pene fino a sei anni, considerata una forma di “terrorismo della parola”. Chi occupa una casa sfitta o solidarizza con chi lo fa rischia fino a sette anni di prigione».

«Chi oppone resistenza attiva alle forze dell’ordine potrebbe essere condannato fino a quindici anni, mentre per la resistenza passiva sono previsti fino a quattro anni. Le forze dell’ordine avranno inoltre il diritto di detenere una seconda arma anche fuori dal servizio. Inoltre, gli agenti infiltrati in organizzazioni sindacali e politiche terroristiche o “eversive” vengono coperti con l’immunità penale per reati associativi (DL Renzi 7/2015) e non solo (es. anche per fabbricazione e detenzione di armi)».

«Il DDL interviene pesantemente anche sul sistema carcerario, prevedendo la detenzione immediata per le madri incinte o con figli di età inferiore a un anno. In assenza di permesso di soggiorno, verrà vietato l’acquisto di una SIM, impedendo di fatto l’unico mezzo di comunicazione con le proprie famiglie.
Queste sono solo alcune delle nuove fattispecie di reato introdotte dal DDL 1660 che, attraverso un forte inasprimento delle pene mira frenare le proteste contro le guerre e contro la costruzione di nuovi insediamenti militari, i picchetti operai, le proteste contro le “grandi opere”, la catastrofe ecologica, la speculazione energetica, e le forme di lotta di cui i movimenti si dotano per aumentare la propria efficacia, come i blocchi stradali e ferroviari e le occupazioni di case sfitte. Non è casuale che il 5 ottobre a Roma la manifestazione nazionale per la Palestina e il Libano sia stata una vera e propria prova generale della forza statuale oppressiva e repressiva».

«Tuttavia, questo provvedimento rappresenta qualcosa di più inquietante: un progetto di controllo general preventivo, mirato a una diffusa normalizzazione sociale. Il disegno di legge non si limita, difatti, a colpire specifiche categorie, ma estende la sua forza verso i lavoratori e le lavoratrici, studenti e studentesse, famiglie in difficoltà, le classi popolari e i settori più fragili della società. Esprimere dissenso, scioperare, partecipare a proteste pacifiche, difendere i propri diritti e ciò che oggi è considerato legittimo esercizio della partecipazione civile, con il DDL 1660 potrebbe diventare reato».

«Questa legge liberticida, espressione del governo Meloni, rappresenta un enorme passo avanti nel processo di restrizione degli spazi di agibilità sociale, sindacale e politica, da tempo portato avanti dai governi di centrodestra e di centrosinistra».

«Il rischio è di scivolare verso una deriva autoritaria, in cui ogni voce critica verrà soffocata e il confronto democratico sostituito dalla repressione. Se non ci sarà una convinta mobilitazione collettiva e di massa, il DDL non potrà essere efficacemente contrastato».

«La recente costituzione di reti territoriali promossa dal coordinamento nazionale “Rete Liberi/e di lottare – Fermiamo insieme il DDL 1660” è un passo cruciale per sensibilizzare l’opinione pubblica e costruire una resistenza diffusa contro questo provvedimento. Per aderire all’Appello scrivi una mail: noddlsicurezza0@gmail.com», si legge in una nota dei movimenti cosentini,

Chi ha aderito alla rete no Ddl sicurezza a Cosenza

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