La cannabis light è droga, il decreto sicurezza affonda anche aziende calabresi
Il decreto Sicurezza, approvato nella serata di venerdì, con la sua entrata in vigore le infiorescenze di canapa sotto i limiti di legge italiani ed europei, saranno comunque considerate come uno stupefacente. Ne parliamo con il giovane imprenditore Mattia Cusani che guida un’azienda del settore a San Giovanni in Fiore ed è presidente dell’Associazione nazionale canapa sativa.
«Questa decisione segna una svolta drammatica e inaspettata: un prodotto che fino a ieri era simbolo di legalità, trasparenza e sostenibilità, viene convertito in potenziale reato. Tale retroattività, applicata senza alcun preavviso, mina la fiducia degli operatori del settore e mette in crisi un comparto strategico per l’economia nazionale, esponendo imprenditori e investimenti a rischi penali ingiustificati».
Per mesi le associazioni di categoria del settore canapa avete cercato un dialogo con il governo per sottolineare quella che molti rappresenta un’assurdità in questo provvedimento. Perché non avete trovato ascolto?
«Nonostante reiterati e costruttivi tentativi di confronto, il governo ha optato per una decretazione d’urgenza che esclude ogni possibilità di dialogo e trasparenza. L’assenza di una preventiva notifica al TRIS e il mancato rispetto dei principi di legittimo affidamento rivelano un atteggiamento autoritario e disinteressato alle istanze del settore. Questo silenzio istituzionale non solo contrasta con le procedure amministrative consone, ma viola anche i dettami del diritto europeo e costituzionale».
Agricoltori e commercianti da un giorno all’altro, visto l’utilizzo della decretazione d’urgenza, si troveranno nei magazzini e nei tanto prodotto che, improvvisamente, sarà considerato come uno stupefacente.
«La situazione è catastrofica: l’intera filiera, che ha operato in totale conformità alla legge, vedrà i propri prodotti declassati in ambito penale senza alcun preavviso. Con un semplice colpo di penna, agricoltori e commercianti saranno costretti a gestire magazzini e scorte dichiarati stupefacenti, esponendosi a sanzioni penali e amministrative che rischiano di distruggere anni di investimenti e la fiducia nel sistema».
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