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09/01/2025 ore 20.00
Societa

L’intervista | Fausto Sposato: «Puntiamo a corsi di laurea nuovi per altre professioni sanitarie»

Scienze Infermieristiche all’Unical: crescono iscritti e progetti futuri, con focus su nuove figure sanitarie e ricambio generazionale in Calabria
di Salvatore Bruno

I numeri promettenti del corso di laurea in scienze infermieristiche attivato all’Università della Calabria, la centralità di questa professione nella prospettiva di un invecchiamento della popolazione ancora più incisivo, il ruolo degli infermieri nella rete dell’emergenza-urgenza. Nella chiacchierata di Cosenza Channel, il presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche della provincia bruzia Fausto Sposato snocciola i numeri lusinghieri del 2024 appena terminato, guardando al nuovo anno con particolare fiducia nell’ottica di una ulteriore crescita e maturazione del comparto.

«Abbiamo chiuso il 2024 con il bilancio in attivo – sottolinea – ricevendo pure i complimenti della federazione nazionale, che incassa una parte delle nostre quote. Abbiamo poi avuto la notizia gradita dell’ingresso di una nostra rappresentante nella Commissione nazionale degli infermieri pediatrici. E raggiunto altri importanti obiettivi tra cui l’inaugurazione dell’unico centro di simulazione presente nel nostro territorio dove, nell’ambito dei programmi di formazione, gli studenti hanno l’opportunità di esercitarsi nel compiere alcune manovre anche salvavita, su alcuni manichini. Registriamo in questo ambito – ha ricordato Sposato – un incremento degli studenti all’Unical. Siamo partiti con 75 posti, adesso ne abbiamo 178 e contiamo di continuare a crescere. Vuol dire che c’è appeal per la professione infermieristica, ma anche se sul territorio viene compiuto un ottimo lavoro di scouting, nella direzione di costruire un polo delle professioni sanitarie».

In che senso? «Per l’anno accademico 2025-2026 l’obiettivo è aprire corsi di laurea per altre professioni sanitarie per formare altre figure di ambiti in cui si avverte una certa carenza. Per esempio la fisioterapia. Questi percorsi ci consentiranno nel giro di poco tempo, di poter integrare nei presidi di cura almeno 500 nuove unità di personale per consentire un ricambio generazionale importante».

La ricaduta sul territorio è che noi questi 400-500 ragazzi resteranno qui in Calabria a lavorare e non andranno a lavorare in altri posti, saranno i sostituti dei tanti colleghi che andranno in quescienza in questi ultimi tempi, per cui un ricambio generazionale importante di professionisti formati nelle nostre università e soprattutto un patrimonio importante che è il patrimonio umano che resta a disposizione dei cittadini calabresi. C’è anche il vantaggio che il corso di laurea prevede un tempo di tirocinio molto ampio da svolgersi all’interno delle strutture sanitarie pubbliche convenzionate, quindi questo significa avere già a disposizione delle persone nei reparti, anche se sono persone ancora in formazione. Sono studenti, sono sempre risorse umane che sono a disposizione sia dell’azienda ospedaliera e sia degli ospedali dell’Aspi, quindi gli ospedali territoriali, ma non solo, ma questi ragazzi come tirocinio li stiamo educando anche all’assistenza domiciliare, quindi a uno sguardo sul futuro della sanità che è il domicilio, il domicilio come punto primo di approccio per quanto riguarda come reale casa di cura per i pazienti, per cui c’è una visione ampia, olistica, ma soprattutto futuristica della professione infermieristica».

La cronaca degli ultimi giorni ha registrato il drammatico caso della morte in ambulanza di un uomo colpito da infarto a San Giovanni in Fiore, ma anche di altri due analoghi episodi in località dell’alto Tirreno cosentino. Si è così riacceso il dibattito sulla questione delle ambulanze prive di medico a bordo. «Intanto dobbiamo precisare che in tutta Italia, anche nelle regioni virtuose come Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, non è richiesta la presenza del medico a bordo delle ambulanze – dice Sposato –  Inoltre bisogna dire che gli infermieri non sono dei meri esecutori delle disposizione altrui. Gli infermieri pensano, sanno agire in autonomia, hanno svolto specifici corsi di perfezionamento relativi alla sfera dell’emergenza urgenza. Gli infermieri conoscono i protocolli da applicare per cui sanno perfettamente cosa fare, come farlo e con tempi rapidissimi per poi arrivare alla struttura ospedaliera più vicina per inserire il paziente in un circuito di assistenza avanzata. E però le tecniche di rianimazione, di gestione di questi pazienti, le conosciamo abbastanza bene.

Credo che l’attenzione debba essere spostata sull’organizzazione della rete di pronto intervento e non sulla presenza o meno del medico a bordo. Alcuni territori non permettono a livello logistico un soccorso rapido: zone disagiate, zone interessate da neve e ghiaccio, zone isolate. Noi come categoria professionale siamo disposti a pagare per i nostri errori, ma non possiamo pagare la disorganizzazione o l’inadempienza di qualcun altro».