L’intervista | Il Ramadan a Cosenza raccontato da Berraou (Ucoii): preghiera e raccoglimento con uno sguardo a Cutro
Sotto lo stesso cielo ma con gli occhi alla luna che scandisce un calendario di 353 giorni. Il Ramadan segue le fasi di quel satellite che comanda le maree e secondo culture antichissime decideva il momento del raccolto e i giorni buoni per la semina. Ogni anno, è sempre la luna, secondo la cultura islamica, a segnare i giorni del digiuno sacro, che dunque cambiano sempre, quelli in cui dall’alba al tramonto si educa il proprio corpo al sacrificio convogliando tutte le energie verso l’alto. A Cosenza, ogni notte, centinaia di fedeli islamici si raccolgono in preghiera nell’unico spazio di culto dedicato a loro, nei locali del Rialzo. «A volte ci troviamo anche in più di mille. Cerchiamo da anni un posto più dignitoso per pregare e per piangere i nostri morti ma ancora non abbiamo avuto risposte concrete né impegni per un luogo di culto né per un cimitero».
Ahmed Berraou in città lo conoscono praticamente tutti. A Cosenza ha trascorso la maggior parte dei suoi anni da quando, giovanissimo, ha lasciato il Marocco per stabilirsi a queste latitudini. Insegnante, mediatore culturale, attivissimo sul fronte sociale, è fautore dell’Associazione Culturale Daawa.odv ed è il presidente del “Respect Cosenza Club”, primo club multietnico d’Italia, che sostiene la squadra rossoblù. È anche coordinatore e portavoce dell’Unione delle comunità marocchine del Meridione “Calabria, Casilicta, Puglia, Campagna e Molise” che conta 50mila iscritti. È lui il trait d’union fra i migranti che in città e dintorni, hanno bisogno di assistenza, aiuto e non solo linguistico. Oggi parla del Ramadan, che in arabo vuol dire “calore”, perché anticamente capitava in estate, un momento dell’anno che ha un significato molto particolare per l’intera comunità perché purifica tutto: corpo e anima.
Durante il Ramadan i fedeli seguono regole molto precise: i piaceri del corpo vengono allontanati e la carne mangiata nell’arco notturno, chiamata Halal, proviene da tre macellerie ben individuate che fanno riferimento a due macelli a Lattarico e Lamezia terme, dove i bovini vengono uccisi secondo norme etiche «con un solo colpo senza farli soffrire» e benedetti prima dell’uccisione.
«L’astensione è una pratica comune anche ad altre religioni, lo sappiamo bene e ne parliamo quando ci confrontiamo seduti tutti intorno a un tavolo: cristiani, islamici, buddisti, evangelisti». Litigate mai? Chiediamo. «Niente liti, a volte discussioni accese ma sono confronti. Parlare, rapportarsi, è tanto importante, ci fa sentire uniti». Una volta al mese rappresentanti di religioni diverse tra Cosenza e Rende si incontrano per parlare di divinità, catarsi, profeti, tradizioni. «Quello che mi piace della cultura cristiana è il concetto di carità, lo trovo molto profondo. A Cosenza è vivo e molto attivo lo spirito di comunione, ci sono tanti che partono per l’Africa a dare una mano». In città si procede con tanta volontà personale ma sul lato istituzionale a piccoli passi. L’ultimo è l’approvazione del regolamento della Consulta interculturale in seno al consiglio comunale «e ora puntiamo a quello regionale dopo aver presentato la mozione per l’inserimento del procedimento per la circoncisione rituale negli ospedali pubblici».
«Mi sono impegnato in prima persona per redigere lo Statuto. È un organo che non avrà valore vincolante, è ovvio, ma puramente consultivo, eppure credo sia uno strumento davvero molto importante per i migranti. È una voce che ha spazio all’interno dell’istituzione e può offrire una mano a tanti migranti che si trovano in una realtà diversa dalla loro».
Ahmed è stato a Cutro in veste di rappresentante dell’Ucoii, l’Unione delle Comunità Islamiche in Italia che raccoglie ben 350 associazioni, chiamato a dare una mano lì dove i parenti delle vittime e i sopravvissuti, spaesati e piegati dal dolore, non sapevano cosa fare.
«Dopo quella tragedia a Cutro è stato possibile costruire lì un’area cimiteriale islamica, è l’unica insieme a quella di Marcellinara. Sogno che accada anche a Cosenza di poter seppellire i nostri cari».
«Io sono qui da 27 anni e so quanto è accogliente la comunità calabrese e l’ha dimostrato ancora una volta in quei giorni terribili su quella spiaggia che sta continuando a restituire corpi senza vita, il problema è la politica centrale, i problemi sono i governi. Il pasticcio risale agli anni Novanta, alla Bossi-Fini che ha peggiorato tutto. L’Italia non può essere lasciata da sola davanti a un flusso migratorio così importante – dice – e l’Europa non sta muovendo un dito. Questo è inaccettabile. Il primo passo sarebbe interrompere certi rapporti con Stati in cui i cittadini sono continuamente vessati, servirebbe a dare un segnale».