Lo storico smentisce Cosenza: «Il culluriallo è senza patate e vi spiego perché» - VIDEO
Il culluriallo (a Cosenza cuddruriaddru), la celebre ciambella fritta tipica del periodo natalizio, rappresenta una delle eccellenze gastronomiche della Calabria, capace di unire convivialità, gusto e tradizione in ogni famiglia. Tuttavia, dietro questa delizia si nasconde una storia interessante, che rivela come la tale tradizione sia stata influenzata da eventi storici e pratiche locali. Nei giorni scorsi sul nostro network abbiamo raccontato delle differenze tra la versione acrese (e non solo) e quella prettamente di Cosenza.
Secondo lo storico Giuseppe Abbruzzo, la ricetta originale del culluriallo non prevede l’aggiunta delle patate. «Le patate in Calabria sono state introdotte durante la dominazione napoleonica, tra il 1806 e il 1813», spiega Abbruzzo. È dunque impensabile che prima di questo periodo i cullurialli contenessero patate, semplicemente perché il tubero non era disponibile nella regione.
La pratica di aggiungere le patate all’impasto si è diffusa successivamente, in parte per ragioni economiche e pratiche. «Non tutti potevano permettersi la farina di grano – dice Abbruzzo -. L’aggiunta delle patate consentiva di aumentare la quantità di impasto, rendendo il culluriallo più accessibile», sottolinea lo storico. Questa innovazione si è radicata soprattutto nella città di Cosenza, dove oggi l’uso delle patate è un tratto distintivo della ricetta.
Nel capoluogo, infatti, il cuddruriaddru (cambia anche la fonetica) con le patate è considerato la norma e rappresenta un pilastro delle celebrazioni natalizie. La consistenza soffice e il sapore leggermente dolce dell’impasto arricchito dal tubero sono apprezzati da generazioni. Nei comuni silani, invece, come ad Acri, la ricetta tradizionale si attiene rigorosamente alla versione senza patate.
Negli anni Cinquanta, con la fondazione del “Centro silano di moltiplicazione e selezione delle patate da seme” (CE.MO.PA. silano), si è cercato di migliorare la qualità del prodotto, diffondendo semi certificati e garantendo la continuità di questa importante coltura.