«Parto dalla Calabria in cerca di eremiti», Natalino Stasi racconta lentezza e serenità
Dire “cacciatore di eremiti” è molto brutto, perché Natalino Stasi è in realtà alla ricerca di quanti sono fuggiti dal nostro modello di società, da questa vita, dal correre in continuazione. E si sono rifugiati tra le montagne, molto spesso quelle calabresi, ma non solo. Si rifugiano nei posti più sperduti e più belli. Alla ricerca della perfetta solitudine.
Natalino, prima di tutto come li scopri gli eremiti di questo millennio?
«Questa è una delle domande che mi viene fatta più spesso. Scoprire queste storie è la parte, probabilmente, più complicata di questo lavoro, ma anche più bella. Tutto questo presuppone studio e una ricerca continua. Spesso però, dopo che la community è cresciuta e di conseguenza sono aumentati i followers, in molti mi inviano segnalazioni. Spesso sono proprio questi ‘contatti’ che si creano attraverso i social, a condurmi sul posto».
Secondo te, perché questa fuga dalla nostra società? Che pure teoricamente dovrebbe offrire tutti i comfort, tutte le comodità, ogni ricchezza, ogni bene.
«Le persone che intervisto mi hanno fatto capire una cosa: siamo sicuri che il mondo sta andando nella direzione giusta? Se ci fermiamo a pensare: che senso ha vivere in un monolocale di 30 mq, pagando 1000 euro di fitto, guadagnandone 1300 al mese? O anche vivere con ritmi frenetici dedicandosi esclusivamente al lavoro per barattare il proprio tempo in cambio di denaro. Forse questo è sopravvivere, non vivere. Molti protagonisti delle mie storie credono che la natura sia l’unica cosa nella quale rifugiarsi e l’unica via cui l’uomo ha bisogno per poter “vivere” veramente».
Qual è il caso che ti ha più colpito?
«L’eremita di Ardesio, Flaminio. Un uomo che vive come se il tempo si fosse fermato. Vive senza elettricità, senza gas, acqua. I suoi vestiti sono cuciti con la lana delle sue pecore tramite un telaio che lui stesso ha costruito. 47 anni sui monti, non sa niente del mondo e di quello che succede. Un’esperienza indimenticabile».
Come ti accolgono quando ti presenti, tu estraneo addirittura con una telecamera e riesci a convincerli a farti raccontare le loro storie?
«Tutti mi accolgono benissimo. Soprattutto chi ha scelto la strada dell “eremitaggio”. L’eremita sa come si accoglie. La sua vita è fatta per l’ascolto e l’ accoglienza. Come mi diceva Suor Mirella Muià, eremita di Gerace: “l’eremita non si isola dal mondo, ma accoglie il mondo”. Soprattutto in Calabria, ho sempre trovato le porte aperte».