Pasqua a tavola tra Corigliano e Rossano, per il palato la fusione è utopia
A Pasqua ci si ritrova a celebrare la resurrezione e la nuova vita anche attraverso il cibo. A Corigliano e a Rossano si seguono ricette tradizionali che hanno origini diverse. Nelle località vicine – tra l’entroterra e la costa, da Cariati ai paesi presilani – ci sono piatti simili, ma anche ricette tipiche locali che variano per ingredienti e metodo di cottura. Alcune tradizioni si stanno perdendo, altre resistono grazie alla memoria degli anziani e di chi le tramanda. Altre invece vanno oltre il tempo, continuando a regalare emozioni antiche nell’epoca della modernità. Il dolce che unisce un po’ tutto il territorio regionale, seguendo piccole varianti, è la Cuddura, una ciambella intrecciata che si prepara sin dal Medioevo, simbolo di rinascita e abbondanza.
A Rossano spesso viene chiamato cuccìa o cuzzupe, mentre a Corigliano cudduraci. L’impasto si fa con farina, zucchero e burro, uova e latte. Una volta preparato il cordone intrecciato, si collocano sopra le uova con un piccolo impasto a forma di croce sopra e i confettini colorati vengono cosparsi sopra per regalare all’occhio un’idea di festa e allegria.
Per il pranzo della domenica, poi, si inizia dalle entrée: sazizza e soppressata per gli antipasti disposti nei vassoi rigorosamente artigianali: salsiccia stagionata, dolce o piccante, e soppressata, più compatta, spesso aromatizzata con pepe nero. Il tutto accompagnato da pane casereccio, pecorino e olive locali. Come secondo piatto, è tipico l’agnello al forno, simbolo del sacrificio e della salvezza, metafora del sacrificio di Cristo.
È un classico del pranzo di Pasqua, presente sia a Corigliano che a Rossano, e si prepara con patate, cipolla, rosmarino e vino bianco. Facoltativo rimane il tanto amato peperoncino. Ma per quanto riguarda il primo piatto ci possono essere delle differenze tra le due comunità. Sicuramente la pasta è condita con sugo di carne mista, ma il formato di pasta varia. Si possono fare le tagliatelle oppure le lasagne, che a Rossano prendono il nome di pasta chjna.
Il sugo può essere arricchito con carne di capretto o agnello o con il più comune di maiale. Per la pasta chjna, si inserisce tra una sfoglia e l’altra tutto ciò che può arricchire il sapore della pasta più condita in assoluto: salsiccia, uova sode, soppressata, pezzi di caciocavallo, pecorino grattugiato e prosciutto. Una volta pronta, si infornava nel grande forno a legna della casa. Tipico della scampagnata di lunedì, è invece la frittata, che si prepara tradizionalmente con gli avanzi della salsiccia stagionata e con l’aggiunta di pecorino grattugiato.
A Corigliano, di solito la frittata viene arricchita dal cipollotto fresco o dalle erbe di campo (come la vitriola o la borragine, o gli asparagi selvatici). In alcune famiglie, si prepara la sera del Sabato Santo, per poi consumarla fredda la mattina di Pasqua o durante la scampagnata di Pasquetta. Una frittata abbondante, saporita, che racchiude tutta la ricchezza contadina della cucina calabrese. Non tutto ciò che si faceva tradizionalmente è giunto sino a noi, ma il valore resta immutato: un’identità gastronomica condivisa, fatta di semplicità, senso dello stare insieme e legame con il territorio