Sezioni
01/09/2024 ore 08.30
Societa

Settembre, la Calabria si tinge di rosso. È il momento dei “boccacci” di pomodoro

È un rito che in molti associano all'infanzia e alle nonne che spiegavano trucchi e segreti per rendere il sugo perfetto
di Alessia Principe

Quello dei “pomodori” è un rituale emotivo che ognuno associa a un volto del passato, alla voce della nonna, al profumo dei pomodori cotti nelle bacinelle blu, alle mani immerse nell’acqua fresca che hanno spellato e pulito, strizzato e asciugato. Qualcuno la chiama tradizione poetica, anche per via del nome: “boccaccio”, quello sterilizzato e poi chiuso a prova d’aria e conservato al buio, che per un anno servirà per i pranzi della domenica, per le occasioni speciali che un buon pasto tinge sempre di buonumore.

A fine agosto, ancora col sapore del sale sulla pelle e delle vacanze che si dissolvono nell’odore dei grembiuli nuovi, delle cartelle, dell’asfalto, la tradizione della salsa e dei pelati fatti in casa si ravviva nei paesi dove il fumo esce dai camini, le comunità in inverno si riscaldano al chiuso delle case in pietra e spolverano i tavoloni lunghi per le feste comandate o per festeggiare il vino buono, una laurea, un battesimo. Ma anche la gente di città finisce per rivolgersi ai piccoli centri sulla montagna e o nelle campagne, ai contadini che “sanno fare”, alle signore che incurvano la schiena per garantire che quando il boccaccio fa “clock” all’apertura, il profuma non menta.

La tradizione di fare le conserve di pomodoro in Calabria, e in particolare a Cosenza, è un’usanza radicata che si tramanda di generazione in generazione e conserva non solo i sapori autentici del territorio, ma anche l’essenza di una cultura profondamente legata alla terra e ai suoi frutti.

Il mese di settembre, con le sue giornate ancora calde ma meno afose, è il periodo ideale: si selezionano i pomodori migliori, solitamente della varietà San Marzano o Roma, noti per la loro polpa densa e saporita, e poi si dà il via a una procedura lenta e fatta con amore.

Il processo di preparazione è meticoloso e tradizionalmente coinvolge tutti i membri della famiglia, dai più giovani ai più anziani. Dopo la pulitura e la rimozione dei semi (lo dicevano le nonne che erano indigesti) i pomodori vengono passati attraverso il classico “passaverdure”passino”, che separa la polpa dalle fibre più dure. Infino si arriva alla cottura, durante la quale la passata viene fatta sobbollire lentamente per diverse ore. In questo passaggio, alcune famiglie aggiungono un pizzico di sale e basilico fresco, altre preferiscono lasciare il prodotto quanto più naturale possibile, in modo da poterlo aromatizzare al momento dell’uso. La cottura deve essere attentamente sorvegliata per evitare che la passata si attacchi al fondo della pentola, rovinando il sapore finale.

Terminata la cottura, la passata bollente viene immediatamente versata in barattoli di vetro sterilizzati, che vengono poi chiusi ermeticamente e fatti raffreddare a testa in giù. In molte case si conclude con la “bollitura” dei barattoli già chiusi, per assicurarsi una maggiore sicurezza contro i rischi di contaminazione e i pomodori si dice che vengano trattati come se avessero la “febbre” perché qualcuno ricopriva i buccacci con coperte di lana per preservare il calore. Adesso che è tutto terminato si aspetta l’occasione giusta, quella per rievocare il passato solo mettendo il naso sul bordo di quel boccaccio, che è solo di vetro ma è davvero una poesia.